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Nuovo umanesimo

Dopo una lunga pausa di silenzio, nel 2015 inizia un nuovo progetto: “Nuovo umanesimo”. Si assiste al ritorno della pittura, ma in modo ancora più estremo. Il punto di partenza è ancora l’immagine fotografica, il reale. Ma a differenza del “periodo blu” (La storia sulla pittura) la pittura si piega ora alla necessità del racconto, alla narrazione inserita nella Storia. Il colore non è più semplicemente il colore, ma diventa forma, costruzione, attraverso il fare del pittore, per dare risalto alle necessità della narrazione, ovvero dell’esserci. È come se ora l’arte riprendesse vita: si ritorna alla riscoperta della nostra Storia in Dio. L’artista ridiventa libero perché non più succube di ciò che gli è stato costruito attorno; l’artista ridiventa libero perché nell’umiltà segue ciò che deve compiere secondo il progetto di Dio.

Mentre nei lavori blu la pittura lasciava intravvedere la struttura fotografica, ora il gesto dell’artista si appropria del tutto, dell’Uomo nella sua interezza. Attraverso la pittura l’immagine assume una nuova forma, viene corretta, gli viene ridata una nuova vita. L’artista si pone al servizio della Verità e della Vita.

La veste è sempre bianca, ma emergono nuovi colori che danno risalto alla storia dell’Uomo, alla storia dell’arte.

I soggetti sono sempre a sfondo religioso e spirituale, ma in questo caso ricordano all’Uomo il suo legame con Dio e con la Parola (Es 36,1: “Tutti gli artisti che il Signore aveva dotati di saggezza e d’intelligenza, perché fossero in grado di eseguire i lavori della costruzione del santuario, fecero ogni cosa secondo ciò che il Signore aveva ordinato”.)

Il progetto “Nuovo umanesimo”, è nato dal desiderio di svincolarsi dalla chiusura e dal nichilismo in cui si trova l’arte contemporanea, avendo perso di vista il suo obiettivo principale, la sua meta.

In questo momento l’arte e gli artisti stanno vivendo come zombie in preda del loro passato, di un’arte che vuole essere esclusivamente arte senza un rapporto vero con Dio e con l’Uomo. Perdendo il rapporto con sé stessa e la propria origine, l’arte contemporanea si è trovata di fronte al vicolo cieco della morte.

Constatato il degrado e l’impasse in cui è venuta a trovarsi l’arte contemporanea, ormai incapace di offrire valori e risposte (in quanto schiava di sé stessa e del potere), ecco che l’artista sceglie di rimettersi in campo, e di porre la pittura al servizio dell’Uomo: è il nuovo umanesimo in Gesù Cristo, per la riscoperta e la salvezza dell’Uomo come progetto di Dio.

Si tratta quindi di un lavoro sociale, nato dall’emergenza in cui l’umanità si trova, accerchiata da forme di antiumanesimo e di Anticristo sempre più agguerrite e feroci. Il racconto della pittura è dunque innesto nella Storia di Dio: l’uomo diventa attraverso il suo rapporto con Dio, artefice del cambiamento, in Gesù Cristo.

Il momento storico che stiamo vivendo, storia con Dio, esige una scesa in campo dell’Uomo per la salvaguardia della vita umana. Vita umana che è dono di Dio, per riscoprire e rivalutare quell’immagine e somiglianza di cui siamo dotati. Ci troviamo quindi immersi in Gesù Cristo, per un nuovo umanesimo.

Il volto, che prima era come assente, perché nascosto sotto il velo della pittura, assume ora il suo valore, sottolinea la relazione con l’altro. Il volto è anche la forma che Dio ha voluto scegliere per farsi riconoscere dagli uomini attraverso Gesù.

Olivier Clément scrive: “Il cristianesimo è la religione dei volti”: quello visibile di Cristo nel quale si riflette quello invisibile del Padre (cfr. Col. 1,15), quello dei santi in cui, con maggior evidenza, risplende il volto e l’immagine di Cristo (cfr. 2 Cor. 3,18). Nei santi “Dio manifesta agli uomini in una viva luce la sua presenza e il suo volto” (Lumen gentium, n. 50). Anche per noi vale l’invito dei primi cristiani: “Cercherai, poi, ogni giorno la presenza dei santi, per trovare riposo nelle loro parole” (Didaché, IV,2).

DALLA TRACCIA
NUOVO UMANESIMO IN GESÙ CRISTO*

Ascoltare l’umano significa vedere la bellezza di ciò che c’è, nella speranza di ciò che ancora può venire, consapevoli che si può solo ricevere.

Umanesimo è un termine che si declina al plurale, e l’umanesimo nuovo in Cristo è un umanesimo sfaccettato e ricco di sfumature, dove solo dall’insieme dei volti concreti emerge la bellezza del volto di Gesù. L’accesso all’umano si rinviene imparando a inscrivere nel volto di Cristo Gesù tutti i volti, perché egli ne raccoglie in unità i lineamenti come pure le cicatrici.

«L’uomo proviene dall’intimo di Dio», scriveva l’autore dello scritto a Diogneto. Perciò è «impastato di Lui»: è la peculiare consapevolezza dell’umanesimo cristiano. «L’uomo senza Dio l’uomo non sa dove andare – ricordava Benedetto XVI – e non riesce nemmeno a comprendere chi egli sia» (Caritas in Veritate 78).

Nella Evangelii gaudium papa Francesco ricorda la «responsabilità grave» di «tutte le comunità ad avere – come aveva affermato Paolo VI (Ecclesiam suam 19) – una sempre vigile capacità di studiare i segni dei tempi» (n. 51). I segni, possiamo dire, dell’avvento di Cristo e quindi anche dell’Anticristo e, di conseguenza, i segni del possibile umanesimo e del possibile antiumanesimo.

L’esperienza e la costruzione di forme di buona umanità non si possono separare da un impegno di conoscenza e valutazione del contesto culturale.

Le autentiche esperienze di umanesimo devono diventare consapevoli di sé, per dialogare col mondo e illuminare il buio dello smarrimento antropologico contemporaneo con la loro luce: non si fa esperienza di vita buona solo per se stessi, ma anche per gli altri e per il mondo intero.

L’individualismo esasperato che ha dominato, nella civiltà occidentale, il tempo dell’espansione economica fino a portare alla crisi attuale, antropologica ed etica prima che economica, ha anche indebolito i nessi che disegnano lo stesso volto umano: lo testimoniano con il linguaggio dell’arte tante opere della contemporaneità.

Una vera relazione s’intesse a partire dal riconoscersi generati, cioè figli. Al cuore del senso dell’umano rivelato in Gesù Cristo sta il nostro essere figli. Non comprenderemmo nulla di Gesù fuori dal rapporto che egli ha con il Padre, cioè il suo essere figlio, il Figlio. «Tutto mi è stato dato dal Padre» (Mt 11,27); «Io e il Padre siamo una cosa sola» (Gv 10,30). Nel Figlio incarnato è svelata la verità del nostro essere.

Se l’umano e il divino sono uno in Gesù Cristo, è da Lui che l’essere umano riceve piena luce e senso. Nell’umanità traspare Dio e in Dio l’umanità va trasfigurandosi.

* Convegno ecclesiale tenutosi a Firenze nel 2015

Galleria immagini

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Riccardo Paracchini, o della Trasfigurazione

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